Onorevoli Deputati! - Il sistema radiotelevisivo italiano ha necessità di maggiore concorrenza e di più ampio pluralismo; soltanto per questa via si realizzano concrete opportunità di crescita per il complesso delle aziende del settore, nonché una diversa qualità dell'offerta ed un maggiore gradimento da parte dei cittadini. A vario titolo ed a vario livello, in questi anni, tutte le più autorevoli istituzioni nazionali e comunitarie si sono pronunciate criticamente sull'assetto attuale; lo hanno fatto la Corte costituzionale, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e, da ultimo, la Commissione europea.
      Il presente disegno di legge intende dare una risposta a questo complesso di esigenze, nel solco ed in conformità alle tesi espresse da queste autorevoli istituzioni.
      Due sono le debolezze strutturali su cui il disegno di legge intende intervenire: l'assetto oligopolistico del sistema, con una concentrazione di risorse economiche, tecniche e di audience senza paragoni in Europa in capo ai due maggiori broadcaster, e la situazione largamente compromessa dello spettro frequenziale, la cui gestione efficiente, secondo i princìpi dell'ordinamento vigente, è ostacolata da una storica e consolidata situazione di occupazione di fatto delle frequenze.
      Nel 1988, con la storica sentenza n. 826 che ha sancito il definitivo superamento della riserva statale, la Corte costituzionale subordinava espressamente tale superamento all'approvazione di un corpus organico di regole inteso a stabilire garanzie forti nei confronti delle tendenze monopolistiche, assicurando «il massimo di pluralismo esterno, onde soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti,

 

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il diritto del cittadino all'informazione». In tal senso la Corte raccomandava «la necessità di regolamentare la pubblicità televisiva» e quella, contestuale, di «realizzare un razionale ed ordinato governo dell'etere, [...] assicurando il rispetto degli obblighi internazionali, il coordinamento e la compatibilità reciproca».
      Un'agenda che sembra scritta oggi!
      Una volta entrata in vigore, nel 1990, la prima disciplina del sistema radiotelevisivo privato (si tratta della legge 6 agosto 1990, n. 223, cosiddetta «legge Mammì»), con la sentenza n. 420 del 1994 la Corte costituzionale si esprimeva in ordine ai limiti alle concessioni per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale assentibili in capo ad un unico soggetto, come disciplinati da quella legge.
      La dichiarazione di incostituzionalità, con la caducazione del dispositivo di legge che ammetteva un medesimo soggetto al possesso contestuale di tre emittenti televisive nazionali, induceva in quell'occasione la Corte a formulare un invito al legislatore, richiesto espressamente di approvare «una nuova disciplina della materia conforme a Costituzione, individuando i nuovi indici di concentrazione consentita e scegliendo tra le ipotesi normative possibili (come, ad esempio, riducendo il limite numerico delle reti concedibili ad uno stesso soggetto ovvero ampliando, ove l'evoluzione tecnologica lo renda possibile, il numero delle reti complessivamente assentibili)».
      Nel 2002, otto anni dopo quella pronuncia, la Corte stessa, nell'esercizio perdurante della sua azione di supplenza e surroga del legislatore, è infine nuovamente intervenuta in materia, stigmatizzando il perdurante assetto oligopolistico del mercato televisivo italiano e censurando con forza l'assenza, nell'ordinamento, di un limite temporale al mantenimento delle reti televisive considerate «eccedenti» dallo stesso legislatore. Tale situazione, responsabile di aver permesso la conservazione di un assetto di mercato considerato in contrasto con i princìpi del pluralismo, veniva sottoposta a dura critica da parte del giudice delle leggi e qualificata addirittura in termini di «incompatibilità con i princìpi costituzionali». Il protrarsi della situazione «esige - così si esprime la Corte nel 2002 - che sia previsto un termine finale, assolutamente certo, definitivo e dunque non eludibile» per la fine di quel regime transitorio che consente il possesso contestuale di tre emittenti televisive nazionali ad un medesimo soggetto. Tale termine, come è noto, venne fissato al 31 dicembre del 2003, con la sola subordinata legata all'eventuale «diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili».
      Solo un mese dopo la sentenza n. 466 del 2002 della Corte, nel dicembre del 2002, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in una segnalazione al Governo in merito al disegno di legge di riforma dell'assetto radiotelevisivo (la futura «legge Gasparri»), sottolineava come il mercato televisivo italiano, in quanto fortemente concentrato, poco dinamico e caratterizzato da una scarsa propensione all'innovazione, si caratterizzasse nei termini di un vero e proprio «oligopolio strutturato», aggiungendo al riguardo come il graduale superamento del monopolio televisivo statale, realizzatosi in un contesto di sostanziale assenza di regole a partire dalla metà degli anni '70, avesse in definitiva «prodotto un esito ancora largamente insoddisfacente sotto il profilo concorrenziale e non adeguato a garantire il pluralismo dell'informazione».
      Sul problema della raccolta pubblicitaria, d'altra parte, si era espressa la Presidenza della Repubblica con il messaggio alle Camere del 15 dicembre 2003, in cui il Presidente della Repubblica affermava: «Per quanto riguarda la concentrazione dei mezzi finanziari, il sistema integrato delle comunicazioni (SIC) - assunto dalla legge in esame come base di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori di comunicazione - potrebbe, a causa della sua dimensione, consentire a chi ne detenga il 20 per cento [...] di disporre di
 

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strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti». Quanto al problema della raccolta pubblicitaria, il messaggio richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 1985 «che, riprendendo princìpi affermati in precedenti decisioni, richiede che sia evitato il pericolo "che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una libertà che la Costituzione fa oggetto di energica tutela"».
      Tali autorevoli pronunciamenti hanno ricevuto successivamente una ulteriore conferma nel corso dell'indagine conoscitiva sul settore del mercato televisivo avviata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (maggio 2003-novembre 2004). Esprimendosi in quell'occasione sulle dinamiche concorrenziali del mercato della raccolta pubblicitaria televisiva, l'Antitrust rilevava come tale mercato sia caratterizzato «da un'elevata concentrazione, che non ha riscontro negli altri Paesi europei nonché dalla presenza di elevate barriere all'ingresso»; un mercato «contraddistinto, a differenza degli altri mercati pubblicitari, da elevate rendite monopolistiche». Tale complesso di circostanze ha costituito, per espressa ammissione dell'Autorità stessa, il «presupposto fattuale» in base al quale l'indagine è stata avviata.
      A conclusioni non dissimili è ripetutamente pervenuta anche l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Nella relazione al Parlamento del 30 giugno 1999 osservava, con riferimento al mercato televisivo nazionale, che «i due principali operatori controllano larga parte dell'offerta e delle risorse economiche, mentre gli altri soggetti della televisione in chiaro occupano posizioni marginali». In quella del 30 giugno 2002 il tema era ulteriormente approfondito in questi termini: «Si deve continuare a rilevare come risulti particolarmente difficile per un nuovo entrante contendere quote di audience e, quindi, delle risorse pubblicitarie ai due operatori dominanti che, assieme, continuano ad assorbire circa il 90 per cento del totale delle risorse pubblicitarie destinate al settore televisivo [...]. Peraltro, restano particolarmente elevate le barriere all'entrata che un operatore deve affrontare per posizionarsi sul mercato con un'offerta adeguata a raggiungere quote di audience compatibili con una gestione economica in equilibrio».
      Più di recente, nella relazione al Parlamento del 30 aprile 2004 sul grado di diffusione della televisione digitale terrestre, l'Autorità ha osservato come, anche nella prospettiva dei nuovi scenari tecnologici, siano ancora «di piena attualità i problemi della garanzia dell'accesso alle reti e della distribuzione delle risorse economiche per consentire un equilibrato sviluppo del sistema anche con l'ingresso di nuovi soggetti».
      Con specifico riguardo alle dinamiche concorrenziali del mercato della raccolta pubblicitaria nel settore televisivo, le preoccupazioni espresse dall'Autorità nazionale di vigilanza sui mercati trovano precisi riscontri nei dati forniti nelle relazioni al Parlamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Trova conferma in questi dati come il maggior broadcaster privato nazionale detenga stabilmente una quota prossima al 60 per cento del mercato, quota che, dopo la fase di stabilità del biennio 2001-2002, registra un tendenziale incremento nel periodo 2003-2005. Al riguardo, si deve ricordare come nella giurisprudenza e nella prassi comunitaria la stabilità della quota di mercato è considerata come indiscutibile indice di dominanza.
      Nel luglio scorso la Commissione europea, con lettera di messa in mora del 19 luglio 2006, ha aperto una procedura di infrazione in capo allo Stato italiano, contestando in particolare il contrasto di taluni aspetti fondamentali della legge n. 112 del 2004, e del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, con il quadro delle regole comunitarie in materia di gestione efficiente dello spettro e di accesso non discriminatorio alle risorse frequenziali ed ai relativi diritti d'uso, con connessi ripetuti rilievi in ordine alle barriere esistenti
 

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all'ingresso di nuovi operatori ed all'esigenza di rimuovere sollecitamente tale situazione attraverso le opportune iniziative, onde evitare la prosecuzione della procedura stessa.
      Il Governo italiano, alla luce delle osservazioni e dei rilievi formulati dalla Commissione, ha dichiarato, nella nota di risposta del 13 settembre 2006, la volontà di adeguare la legislazione interna alle disposizioni dell'ordinamento comunitario violate (si tratta, nello specifico, dell'articolo 9 della direttiva quadro, degli articoli 3, 5 e 7 della direttiva sulle autorizzazioni e degli articoli 2 e 4 della direttiva sulla concorrenza), nonché la disponibilità a promuovere a tale fine, con la massima sollecitudine, le necessarie iniziative legislative. In particolare il Governo si è impegnato a presentare entro ottobre 2006 un disegno di legge di riforma del sistema radiotelevisivo finalizzato a disciplinare la fase transitoria del passaggio dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale secondo i princìpi dell'ordinamento comunitario.
      Il presente disegno di legge, inteso a dettare le regole del sistema televisivo nella fase di transizione dalla tecnica analogica a quella digitale, si inserisce in questo articolato e complesso quadro di insieme; ne presuppone l'intera ricca trama di riferimenti, osservazioni e rilievi; guarda con attenzione all'evoluzione dello scenario tecnologico ed all'ingresso delle nuove tecnologie trasmissive nel mercato del broadcasting televisivo; si misura con le esigenze di crescita e con le compatibilità delle imprese del settore ed opera in tale senso in una logica contestuale di promozione della concorrenza e di valorizzazione delle risorse esistenti.
      I punti qualificanti della proposta del Governo sono:

          l'adozione di misure intese a contenere la raccolta di risorse pubblicitarie nel settore televisivo in capo a ciascun soggetto entro limiti idonei a contrastare il consolidamento di posizioni dominanti e la frapposizione di insuperabili barriere all'ingresso dei nuovi operatori;

          il superamento delle barriere normative e regolamentari all'ingresso di nuovi soggetti nel mercato della televisione digitale terrestre, in funzione della massima apertura del mercato;

          la limitazione dei fenomeni di sovrapposizione e ridondanza nell'utilizzo delle risorse frequenziali da parte dei singoli operatori, in conformità ai princìpi comunitari e nazionali di uso efficiente dello spettro radioelettrico;

          l'adozione di misure idonee a consentire la deconcentrazione del mercato delle reti radiotelevisive, la liberazione di frequenze e l'assicurazione di generali condizioni di obiettività, trasparenza, proporzionalità e non discriminazione nell'accesso e nell'uso delle risorse frequenziali, secondo quanto richiesto dalla Commissione europea;

          l'assicurazione dell'accesso alla banda larga a tutti gli operatori interessati secondo condizioni e criteri di obiettività, trasparenza, proporzionalità e non discriminazione;

          una nuova disciplina della rilevazione degli indici di ascolto televisivo con delega al Governo ad adottare un decreto legislativo in materia, ispirato a criteri intesi ad assicurare la massima rappresentatività di tutte le piattaforme trasmissive, favorendo il pluralismo e la concorrenza del sistema;

          un sistema sanzionatorio più efficiente quanto ai meccanismi del presidio e più efficace quanto alla misura delle sanzioni, in linea con i rilievi e le sollecitazioni formulate in argomento dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella sua segnalazione al Governo del 12 luglio 2006.

Articolo 1.

      L'articolo 1, composto di un unico comma, richiama i fondamenti costituzionali del sistema televisivo ed individua i princìpi cui il disegno di legge si ispira al

 

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fine di dare loro attuazione nella fase di transizione alla tecnologia digitale: equa distribuzione delle risorse economiche; tendenziale e progressiva separazione tra operatori di rete e fornitori di contenuti; ottimizzazione dello spettro ed uso efficiente delle frequenze; individuazione di limiti alla capacità trasmissiva utilizzabile da parte dei fornitori di contenuti.

Articolo 2.

      L'articolo 2 contiene misure intese ad assicurare la tutela della concorrenza e del pluralismo nella fase di transizione al digitale terrestre con specifico riferimento alla raccolta delle risorse pubblicitarie del settore televisivo ed alla disciplina degli affollamenti pubblicitari.
      Il comma 1 stabilisce un tetto massimo, pari al 45 per cento dei ricavi pubblicitari complessivi del settore televisivo, conseguibile da parte dei soggetti destinatari di obbligo di iscrizione al registro degli operatori di comunicazione.
      Il comma 2 attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di vigilare sull'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 e di adottare i conseguenti provvedimenti.
      Il comma 3 stabilisce e disciplina la misura da adottare nei confronti del soggetto che superi la soglia di cui al comma 1. Tale misura è individuata in una riduzione del limite di affollamento pubblicitario orario consentito in via generale per tutto il periodo in cui perdura la situazione di superamento del limite alla raccolta di risorse pubblicitarie. Il comma stabilisce, altresì, che la misura in questione non si applica qualora il destinatario del provvedimento abbia trasferito su digitale terrestre, cavo, satellite, o altra piattaforma trasmissiva, almeno una emittente già operante su frequenze terrestri.
      I commi 4 e 5 assimilano le telepromozioni alla disciplina degli spot per quanto riguarda la normativa in materia di limiti agli affollamenti pubblicitari.
      Il comma 6 prevede che il limite del 20 per cento ai programmi irradiabili da ciascun soggetto previsto dall'articolo 43, comma 8, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, si applichi anche ai programmi irradiati in tecnica digitale, ivi compresi quelli ad accesso condizionato e a pagamento, a condizione che tali programmi raggiungano una copertura pari al 50 per cento della popolazione e siano contraddistinti da un unico marchio.

Articolo 3.

      L'articolo 3 contiene disposizioni in materia di gestione efficiente dello spettro radioelettrico, in conformità all'ordinamento comunitario. Si tratta di disposizioni che tengono conto delle conclusioni assunte in sede di Conferenza regionale delle radiocomunicazioni di Ginevra e che soprattutto costituiscono una risposta puntuale ai rilievi contenuti nella procedura di infrazione avviata, in argomento, dalla Commissione europea nel luglio 2006.
      Il comma 1 stabilisce il principio che le frequenze non coordinate a livello internazionale, e ridondanti per almeno il 98 per cento del proprio bacino di servizio, devono essere liberate e restituite, ai sensi della vigente normativa, al Ministero entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
      Al riguardo si fa presente che compete al Ministero delle comunicazioni il controllo sul corretto utilizzo delle radiofrequenze, anche attraverso l'attività di accertamento tecnico svolta dagli ispettorati territoriali delle comunicazioni cui spetta, altresì, il potere di intervenire in via amministrativa con provvedimenti di disattivazione, laddove vi siano interferenze o mancato utilizzo.
      Il comma 2, al fine di favorire il passaggio alla nuova tecnologia digitale in un contesto di tutela del pluralismo, di apertura del mercato e di uso efficiente dello spettro elettromagnetico, prevede che i soggetti - titolari di più di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche - presentino

 

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all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un progetto di trasferimento su frequenze terrestri in tecnologia digitale, ovvero su altra piattaforma trasmissiva in tecnologia digitale, dei palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda.
      Il comma 3 prevede che il progetto di cui al comma 2 deve essere approvato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro i successivi tre mesi.
      Il comma 4 prevede che, all'esito dell'approvazione del progetto e in ogni caso entro dodici mesi dal decorso del termine di cui al comma 2, i soggetti titolari di più di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche trasferiscano i palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda su frequenze terrestri in tecnologia digitale, ovvero su altra piattaforma trasmissiva in tecnologia digitale.
      Il comma 5 stabilisce il principio secondo cui le frequenze resesi disponibili all'esito delle operazioni di cui ai commi 2, 3 e 4, acquisite ai sensi del decreto-legge n. 5 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 66 del 2001, siano cedute a soggetti terzi richiedenti secondo criteri equi, trasparenti e non discriminatori, ovvero retrocesse al Ministero. Le frequenze residue e quelle acquisite con modalità diverse rientrano nella disponibilità del Ministero delle comunicazioni che le riassegna attraverso procedure pubbliche con modalità stabilite dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, incentivando progetti che assicurino la più ampia copertura e nel rispetto dei criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità previsti dall'ordinamento, con la previsione di quote di riserva a favore dell'emittenza locale e fatti salvi i diritti acquisiti.
      Il comma 6 è inteso ad inibire la possibilità di ulteriori acquisizioni di impianti e di frequenze (il cosiddetto «trading») da parte dei soggetti titolari di più di due reti televisive via etere terrestre in ambito nazionale su frequenze analogiche ed al contempo ad ammettere tale possibilità per tutti i soggetti nuovi entranti in possesso dei requisiti previsti dall'ordinamento, secondo una logica di abbattimento delle barriere giuridiche all'ingresso sul mercato in funzione di stimolo della concorrenza.
      Il comma 7 stabilisce dal 30 novembre 2012 e, comunque, a decorrere dalla data della completa conversione delle reti il principio della separazione societaria per l'esercizio dell'attività di operatore di rete e di fornitore di contenuti in ambito nazionale, quale essenziale misura di trasparenza dei soggetti verticalmente integrati. Si tratta di un requisito consolidato nell'ordinamento comunitario e nazionale in materia di reti di comunicazione elettronica.
      Il comma 8 prevede dal 30 novembre 2012 e, comunque, a decorrere dalla data della completa conversione delle reti un limite del 20 per cento alla capacità trasmissiva utilizzabile da parte di ciascun fornitore di contenuti in ambito nazionale. Si tratta di una essenziale misura di tutela del pluralismo e della concorrenza.
      Il comma 9 stabilisce le modalità di cessione da parte dei fornitori di contenuti della capacità trasmissiva eccedente il limite di cui al comma 8.
      Il comma 10 stabilisce, in capo al soggetto titolare della rete che rivesta una posizione di «significativo potere di mercato» secondo i parametri stabiliti nel quadro regolamentare comunitario in materia di reti di comunicazione elettronica, l'obbligo di offrire l'accesso alla rete a banda larga a tutti i soggetti titolari di autorizzazione generale che ne facciano richiesta, secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità.

Articolo 4.

      L'articolo, nel definire l'attività di rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione un servizio di interesse generale a garanzia del pluralismo e della concorrenza nel sistema della comunicazione, delega il Governo

 

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- al fine di precisare ed aggiornare all'evoluzione tecnologica in atto i compiti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, già individuati dalla legge n. 249 del 1997 (cosiddetta «legge Maccanico») - ad adottare un decreto legislativo per l'affidamento all'Autorità medesima di competenze in materia di rilevazioni degli indici di ascolto, secondo criteri improntati al pluralismo ed alla concorrenza nel sistema radiotelevisivo, alla garanzia dell'universalità del campionamento, alla completezza delle rilevazioni estese a tutte le diverse tecnologie e piattaforme trasmissive esistenti. La nuova norma vuole precisare i compiti della medesima Autorità già individuati dalla citata legge n. 249 del 1997.
      Il comma 1 stabilisce il principio secondo cui l'attività di rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione costituisce un servizio di interesse generale.
      Il comma 2 prevede una delega al Governo, da esercitare entro nove mesi, per realizzare una più adeguata disciplina dei compiti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in relazione alle innovazioni tecnologiche ed alla nuova configurazione dell'attività di rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione. I princìpi e criteri direttivi, in coerenza con il disegno complessivo del presente provvedimento ispirato alla realizzazione di pluralismo e concorrenza nel sistema delle comunicazioni, mirano a garantire l'universalità dei criteri di campionamento, la congruenza delle metodologie adottate e la piena attuazione della normativa previgente, nonché a tener conto delle diverse tecnologie e piattaforme trasmissive esistenti.
      Il comma 3 prevede che il Governo possa adottare, entro l'anno successivo, decreti legislativi integrativi e correttivi.
      Il comma 4 stabilisce che agli eventuali oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo si provvede secondo le modalità ed i criteri di contribuzione, a carico dei soggetti del mercato di riferimento, disciplinati dall'articolo 1, commi 65 e 66, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006). L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è a tal fine autorizzata a rideterminare l'entità della contribuzione ai sensi della medesima disposizione. Si rappresenta al riguardo che la medesima Autorità ha provveduto a determinare l'entità della contribuzione con delibera 2 marzo 2006, n. 110/06/CONS, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 2006.

Articolo 5.

      Il comma 1 attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti generali di vigilanza e di sanzione sulle disposizioni previste dal disegno di legge.
      I commi 2, 3 e 4 disciplinano i contenuti e le modalità di applicazione delle sanzioni previste, secondo un criterio di progressivo inasprimento della misura a fronte della persistente mancata ottemperanza alle pertinenti disposizioni.
      Il comma 5 punisce con la pena della reclusione da uno a sei anni la consapevole manipolazione o falsificazione dei dati concernenti gli indici di ascolto e di diffusione.

Articolo 6.

      L'articolo 6 abroga o modifica alcune disposizioni del citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e della legge n. 112 del 2004, tra le quali si segnalano le seguenti.
      Il comma 1 abroga e sopprime alcune disposizioni contenute nel citato testo unico della radiotelevisione; si evidenzia in particolare la lettera c), con cui è abrogata la disposizione che limita la possibilità di acquisizione di impianti radiotelevisivi ai soli soggetti già titolari di concessione.

      Il comma 2 sostituisce la locuzione «sistema integrato delle comunicazioni» con il «settore delle comunicazioni».
      Il comma 3 modifica e sostituisce il testo dell'articolo 43, comma 11, del testo unico della radiotelevisione. La modifica è intesa a superare il limite più restrittivo alla raccolta delle risorse economiche previsto

 

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in capo alle imprese che superino il 40 per cento o dei ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, sostituendolo con il divieto, in capo alle medesime imprese, di fondersi con imprese che occupino una posizione dominante nel sistema televisivo.
      Il comma 4 sostituisce l'articolo 51, comma 2, del testo unico della radiotelevisione. La modifica è intesa a ricondurre sotto il medesimo procedimento amministrativo tutte le fattispecie di violazioni ricadenti sotto la vigilanza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e ad abolire quindi la distinzione tra procedimenti per i quali si rende obbligatoria l'interposizione della diffida e procedimenti in cui tale interposizione non è prevista. Il comma persegue le medesime finalità di efficienza e deterrenza del presidio sanzionatorio del comma che precede. Al medesimo fine esso prevede anche l'innalzamento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste in caso di violazione delle disposizioni in materia di pubblicità e di obbligo di trasmissione dei comunicati di organi pubblici.

      Il comma 5 introduce un comma ex novo con cui si esclude il beneficio del pagamento in misura ridotta previsto in via ordinaria dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nel caso delle sanzioni amministrative disciplinate dall'articolo 51, comma 2, del medesimo testo unico della radiotelevisione; si tratta anche in questo caso di una misura intesa a rendere più efficiente il sistema sanzionatorio. L'esclusione del beneficio dell'oblazione è già prevista dall'ordinamento per le sanzioni ricadenti sotto la competenza dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il comma produce quindi un allineamento degli ordinamenti delle Autorità in materia di sanzioni ed accoglie una richiesta in tal senso formulata nella segnalazione al Governo del 12 luglio 2006 da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
      Il comma 6, tra gli altri, abroga l'articolo 21 della legge n. 112 del 2004, recante la disciplina e le modalità di dismissione della partecipazione dello Stato nella RAI - Radiotelevisione italiana Spa.

Articolo 7.

      L'articolo 7 sancisce il principio dell'invarianza di spesa, stabilendo che dall'attuazione della legge non derivano nuovi o maggiori oneri, né minori entrate, a carico della finanza pubblica. Conseguentemente, non viene redatta la relazione tecnico-finanziaria.

Articolo 8.

      L'articolo 8 stabilisce che la legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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